Il futuro della vendita: disintermediazione

Già da molti anni, ormai, il mantra di tantissime aziende è «accorciare la catena», ovvero disintermediare il più possibile l’attività di vendita.

Le aziende hanno fame di profitto e cercano di recuperare importanti punti di marginalità arrivando direttamente al cliente.

Fino a una decina di anni fa ciò era impossibile, poi sono arrivati la rivoluzione digitale, la consacrazione del web, i social network, il commercio elettronico.

Ecco allora che per tante aziende ciò che sembrava impossibile è diventato un obiettivo concreto.

Diciamocelo: agenti, rivenditori e distributori sono sempre stati croce e delizia per gli imprenditori. Da un lato in grado di sviluppare il business, dall’altro ingranaggi non facilmente controllabili essendo a tutti gli effetti soggetti esterni alla compagine societaria.

Una recente ricerca afferma che negli ultimi anni si sono persi 50.000 posti di lavoro come agenti di commercio, buona parte a causa dello sviluppo degli e-commerce.

 

Che ne sarà quindi di queste figure di vendita?

Le aziende potranno davvero farne a meno?

Se avessi la risposta certa farei la chiromante anziché il consulente di marketing.

Però posso dire cosa vedo nelle aziende che seguo e ho seguito anche su specifici progetti orientati alla disintermediazione dell’attività di vendita.

  1. L’attività di comunicazione e informazione sarà presto completamente disintermediata
  2. Nel giro di un altro decennio l’affermazione dell’e-commerce sarà totale e trasversale: compreremo tutto e sempre di più online
  3. Comprare offline non sarà un’esigenza ma diventerà una forma di intrattenimento, un modo per passare il tempo, soprattutto per coccolarsi e farsi coccolare
  4. La pandemia da Covid-19 ha accelerato il naturale processo di trasformazione già in atto
  5. Quando la pandemia sarà finita non torneremo a comprare come prima, nulla sarà più come prima

Quindi no, non consiglierei mai a mio figlio né di fare l’agente di commercio né di aprire un negozio.

E sì, consiglierei ad ogni azienda, se non l’ha già fatto, di avviare seri progetti orientati alla governance del processo di relazione coi clienti finali.

C’è un però.

Gran parte della relazione tra aziende e clienti avverrà per via digitale: un gran traffico di dati, di bit.

C’è una cosa che i dati non sanno fare e difficilmente impareranno bene a fare, almeno nei prossimi anni: comprendere le motivazioni e le emozioni, indagare i perché.

Sì, esatto, i perché.

I dati ci dicono perfettamente cosa accade: quanti arrivano nel nostro sito, come navigano, quanti sfogliano il catalogo, quanti mettono i prodotti nel carrello elettronico, quanti comprano, ogni quanto comprano, quanto spendono e così via.

Ma non ti dicono perché accade ciò che accade.

Ecco allora l’opportunità: da agente o punto vendita ad agente o punto d’ascolto attivo, continuo e organizzato.

Meno venditori e più psicologi, meno prodotto e più servizio.

Ci sarà da calcolare in modo diverso le provvigioni, ma questo, forse, è l’ultimo dei problemi.

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Istituto del Marketing Scientifico