I bisogni del cliente non sono creati dal marketing.
In occasione del post “Dimenticate il prodotto, amate il cliente“, si è trattato dell’importanza di ascoltare, capire e intercettare i bisogni dei clienti prima di pensare al prodotto («Produci ciò che puoi vendere, non tentare di vendere ciò che hai prodotto»).
Una critica che spesso si sente è:
ma il marketing deve creare nuovi bisogni.
E, ovviamente, ai più il pensiero va a Steve Jobs e a quanto fatto da Apple.
Partiamo dalla risposta:
I bisogni non si creano e Steve Jobs e la Apple non hanno creato nuovi bisogni.
Mi rendo conto che possa essere controintuitivo e quindi passiamo all’argomentazione.
Bisogni dei clienti: definizioni e origini
Innanzitutto il primo problema deriva dalla definizione che vogliamo dare di “bisogno”. Dobbiamo, infatti, distinguere tra bisogni generici e bisogni specifici.
I bisogni generici sono quelli che possiamo definire come “antropologici”, perché connessi alla natura umana e sono quindi immutati e immutabili. Sono i bisogni che Maslow ha collocato nella sua celebre piramide (dalla base verso l’apice):
- bisogno di sussistenza
- bisogno di sicurezza
- bisogno di socialità
- bisogno di riconoscimento
- bisogno di autorealizzazione.
I bisogni specifici invece ci differenziano culturalmente e quindi mutano nel tempo e in base al posto in cui nasciamo e cresciamo.
Un’ultima considerazione prima di tornare al caso Apple: non dobbiamo mai confondere il bisogno con la sua soluzione, ovvero il prodotto.
Disse Henry Ford:
Se avessi chiesto ai miei clienti cosa volevano, mi avrebbero risposto: «Un cavallo più veloce».
La citazione contiene un’ambiguità di fondo: il cavallo più veloce non è un bisogno, ma è una soluzione al bisogno di spostarsi velocemente.
Il Professionista di marketing non deve indagare le soluzioni ma i bisogni e, in funzione di questi, progettare i prodotti.
Progettare soluzioni a un bisogno: il caso Apple iPad
Torniamo quindi ad Apple. Spesso si sente dire:
Prima di Apple nessuno aveva bisogno del tablet, quindi Apple ha creato il bisogno del tablet.
Anche in questo caso vi è lo stesso errore logico.
Il tablet non è un bisogno. È la soluzione a un bisogno che già prima esisteva, che Jobs ha ascoltato, capito e intercettato e per il quale ha progettato un’innovazione come iPad.
Apple, infatti, aveva ben analizzato come gran parte dell’utilizzo quotidiano di un computer fosse legato fondamentalmente alla navigazione web e alla gestione della posta elettronica e come un minus fosse rappresentato dalle dimensioni e dal peso dello strumento.
Il bisogno era quindi quello di poter navigare in rete e gestire la posta con facilità e in mobilità. Apple non ha creato un bisogno, ma ha progettato una soluzione nuova a un bisogno pre esistente.
Quello che certamente il marketing può fare, se fatto bene, è aumentare o diminuire la percezione di un bisogno, ovvero, per usare termini più precisi, trasformare bisogni latenti in percepiti e quelli percepiti in urgenti, fondamentali.
Quindi no, vi prego, non utilizzate il caso Apple per promuovere l’approccio sbagliato che vede un’innovazione visionaria spinta a forza nel mercato attraverso tecniche manipolatorie del marketing.
Non potreste fare torto peggiore a Steve Jobs e al suo staff.
Impariamo a metterci in ascolto dei bisogni e a progettare per essi soluzioni nuove. Impariamo a capire e analizzare i bisogni del cliente.
Ricordiamoci che, per parafrasare Poincarè, la creatività è lì dove si incontrano novità e utilità. Fuori da lì c’è il fallimento mascherato da frasi puerili del tipo «il mercato non ci ha capito»; peccato che dobbiamo essere noi a capirlo, e non viceversa!
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