8 cose che ho imparato seguendo gli Europei

Anche io, come milioni di italiani, ho seguito con passione l’avventura della Nazionale ai campionati europei.

Come spesso mi accade, cerco di osservare non solo le azioni di gioco, ma anche alcune dinamiche che mi sembrano molto interessanti per qualunque contesto competitivo e di gruppo, ovvero per ogni azienda.

In particolare, vorrei qui riportare 8 note che mi porto a casa: 4 relative al nostro allenatore, Roberto Mancini e una a testa per Danimarca, Spagna, Francia e Inghilterra.

Partiamo da Mancini: inutile dire che è lui l’artefice di questo grande gruppo.

In particolare, ci sono alcuni aspetti che mi colpiscono e che mi stimolano nella mia attività di gestore di gruppi, sia con i colleghi, sia con i clienti.

1) Il team di direzione. Appare evidente, più che nel passato, che Mancini abbia una sua cerchia di collaboratori fidati. Fare l’allenatore non è più un mestiere da singoli, ma di gruppo. Ne sono assolutamente convinto anche io, in azienda. Pur essendo la nostra azienda ancora molto piccola, lo scorso mese ho avviato un team di direzione a mio supporto. Ti dirò come va ma ho ottime sensazioni in merito.

2) Il gioco, lo scherzo, la partecipazione. Ho visto l’allenatore giocare con i giocatori, ridere e cantare con loro nei momenti di svago. Ecco perché con il mio team andremo presto a sfidarci a go-kart. Qui non serve che ti dica come andrà… vincerò io, ovvio!! 😉

3) Il passato da giocatore. Nessuno mette in dubbio che Mancini conosca bene le dinamiche del campo e dello spogliatoio, perché le ha vissute in prima persona e, prima di essere allenatore, ha fatto diventare matti diversi allenatori con il suo carattere e carisma! Nel mio piccolo, spero di comprendere sempre bene le difficoltà dei miei colleghi o delle persone che lavorano negli uffici marketing dei nostri clienti, perché ho sperimentato io (eccome!) le fatiche, le pressioni, le delusioni, le dinamiche con i colleghi degli altri uffici.

4) La fatica emotiva che diventa fatica fisica. Fai caso a Mancini a fine partita… è più stanco dei suoi giocatori in campo. Non ti sembra strano? In fondo lui se ne sta sulla sua area tecnica a bordo panchina… Eppure ti assicuro che anche io a volte arrivo alla sera più stanco adesso che coordino e seguo i colleghi da bordo ufficio rispetto a quando ero più coinvolto in campo. Perdere parte del controllo costa grande fatica, ma essa viene abbondantemente ripagata.

Andiamo ora a vedere alcune altre note che mi sono appuntato guardando i comportamenti di altre squadre.

5) La Danimarca ci ha insegnato cosa sia un gruppo capace di prendersi cura e di difendersi l’uno con l’altro. Mi sono chiesto se il mio gruppo ha quella forza d’animo e quella presenza di carisma che ha ammutolito il mondo di fronte alla terribile vicenda di Christian Eriksen. Soprattutto, mi chiedo come si possa allenare questo spirito di squadra. Avrebbero meritato la finale e forse anche di vincerla.

6) La Francia era di gran lunga la squadra più forte a mio avviso. Sono però prevalse la supponenza e le individualità. Nel momento di dimostrarsi squadra si sono sciolti dandosi la colpa l’uno con l’altro. Troppo vanitosi per guardare al gruppo. Perché è sempre così difficile far coesistere giocatori talentuosi? Da imprenditore vorrei i migliori nella mia squadra. Ma questo mi garantirebbe la miglior squadra?

7) L’Inghilterra che si toglie la medaglia d’argento appena indossata, il pubblico che esce dallo stadio prima della premiazione… che tristezza! Eppure non è certo un gruppo abituato a vincere, ma chissà perché convinto di vincere. La medaglia d’argento pesa sul collo, ma proprio per quello può diventare un ottimo strumento per allenarsi a vincere. A nulla serve cercare di togliersi la sconfitta dal collo e dalla vista.

8) Chi è maestro in questa cultura della sconfitta? Ovviamente Luis Enrique, fantastico allenatore della nazionale spagnola che ha dato a tutti una lezione di vita enorme. Meritava di vincere, ha perso, col sorriso. Perché piangere, arrabbiarsi, deprimersi, è la cosa più facile. Essere felici non è una conseguenza di ciò che accade, essere felici è una scelta. Conoscendo la storia personale di Luis Enrique mi sono sentito piccolo e terribilmente inerme di fronte a questa competenza. Ho molto da lavorare.

E tu, quali altre lezioni hai imparato da questi bellissimi campionati europei?

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Francesco Sordi
Lavoro per le aziende che vogliono elevare il livello del proprio marketing per raggiungere nuovi obiettivi con grande efficienza. Mi occupo di formazione, consulenza, training on the job e temporary management.