Le bufale dei Metodi Vincenti
Ho scelto di collaborare con un imprenditore che per anni si è formato alla scuola di quelli con i metodi vincenti. L’ho fatto per due motivi: perché questa persona mi piace, ha dei valori, degli obiettivi sani e poi perché, lo ammetto, mi faceva troppo gusto provare a sistemare una situazione resa complicata dal lavoro pessimo di chi mi ha preceduto.
La principale difficoltà non è stata quella di smontare e rimontare completamente il business model di questa azienda. La parte davvero difficile è far uscire il mio cliente dagli schemi mentali che gli hanno inculcato.
I disastri dei falsi metodi vincenti
I vari sedicenti professionisti col metodo-vincente-pronto-per-tutti fanno disastri perché:
- Fanno credere che si possa replicare uno schema operativo, comportamentale, uguale per tutti. Falso: non esistono soluzioni universali ma soluzioni specifiche per esigenze altrettanto specifiche
- Illudono che la chiave di tutto sia mettere i clienti potenziali dentro a un funnel per poi farci uscire soldi. Falso: le persone sempre di più odiano anche solo il sospetto che li trattate come soggetti passivi, stupidi. Sentiamo puzza di funnel lontano un miglio
- Spingono verso un approccio alla vendita push, aggressivo («Vendi, vendi, vendi, fai upsell, alza il prezzo e poi prometti grandi sconti»). Falso: amiamo comprare ma odiamo che qualcuno ci venda qualcosa. Il venditore aggressivo è sinonimo di imbonitore e di fregatura
- Inducono a creare un’immagine di cliente stupido, che si lascia fregare da trucchi a metà via tra l’economia comportamentale e la PNL, un pesce da far abboccare all’amo. Falso: «Il cliente non è uno stupido, è tua moglie, sei tu!»
- Si concentrano sul prodotto e quasi per nulla sul cliente, sulle sue esigenze, sui suoi desideri, bisogni e aspettative. Falso: produci ciò che puoi vendere, non tentare di vendere ciò che hai prodotto
- Portano a ragionare in base alla legge dei grandi numeri («Se in Italia ci sono 5 mln di p.iva, mi basta raggiungere un millesimo di queste per diventare quasi ricco col mio prodotto o servizio»). Falso: dobbiamo lavorare sulla qualità e non sulla quantità, sull’aumento del tasso di conversione e non del traffico. Non possiamo provare, vedere e sperare (ricordi il famoso detto «Chi visse sperando…»?).
Sono sinceramente spaventato dal successo di audience di tanti personaggi. Il loro pubblico è costituito per lo più da persone con pochi strumenti di cultura marketing per farne un’analisi critica e, spesso, con molti problemi che li portano a credere che possa esistere per loro una via rapida e sicura per togliersi dagli impicci.
Questo non lo sopporto davvero, è questo quel che più mi fa incazzare (scusa il francesismo, ma mi smuove la pancia).
Cosa fare? Non esistono armi migliori della cultura e della costruzione di modelli ed esempi virtuosi da seguire.
Quello che non deve abboccare sei tu!
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